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“Un bel via vai”

Storia di Stefano – Estratto

 

“Cominciavo a capire quanto poco sensato fosse forzare le persone, con la loro complessa unicità, dentro a categorie di diagnosi. Stefano era solo Stefano. Anche oggi, dopo quasi quattro anni che ci conosciamo e lavoriamo insieme, nonostante l’accresciuta esperienza del nostro legame -nel suo scorrere ideale come nelle fratture, nelle disconnessioni come nei “recuperarsi” – continua ad essere essenzialmente Stefano. Spesso si sente parlare dell’autismo come di una chiusura totale, di un ripiegamento del soggetto su se stesso, di un rifiuto del mondo: nessuno che avesse accanto Stefano avrebbe mai potuto trovarsi comodo in quella interpretazione.

Ho sempre preferito parlare non di chiusura, ma di apertura parziale, peculiare. Un mondo visto attraverso un vetro smerigliato dalle tinte cangianti, mai prevedibile, spesso incomprensibile, in cui si può entrare poco alla volta, cogliendo solo i contorni fumosi di cose, persone e abitudini per molti altri naturalmente evidenti e il più delle volte confortevoli. Questo nostro mondo comune arriva a questi ragazzi in frammenti, in piccole tessere di un puzzle che fanno fatica ad incastrare tra di loro per formare una scena coerente; e non avendo senso in sé, questi pezzi vengono smarriti e devono essere recuperati con fatica, più volte: “Una mano, una macchina… foglie o cime…” recita la poesia che ho inserito come apertura. E dov’è quel qualcuno che unisce i pezzi, che fa del particolare uno scenario, del piccolo fiore giallo visto di pomeriggio in giardino, la primavera? “Come ti chiami?”.

Stefano, prima di essere autistico, era un adolescente: la vita di quegli anni è tutta uno scalpitare, un incessante splendore. Un paesaggio rovente con il sole a mezzodì, quando anche le ombre sono più nere. Il mondo chiama, la vita si apre al di fuori del contesto famigliare, e gli amici e i primi amori saltano in primo piano, mentre tutto il resto è sullo sfondo. Essendo un sedicenne gli ormoni correvano, e la sessualità è una faccenda delicata e complessa, e può essere anche molto pericolosa. Gli mancava tutto l’orizzonte di senso in cui comprenderla ed agirla serenamente, ma, cosa  ben più basilare, gli mancava il senso del limite. Ogni cosa che gli passava per la mente finiva direttamente sulla posta di facebook della ragazzina in questione, oppure partiva il messaggio piccante. Non c’era un filtro perché Stefano era completamente il suo corpo e poco, pochissimo gli arrivava dal mondo, come raggi che filtrano attraverso persiane chiuse e formano linee di luce sul pavimento, che non significano nulla. Cercammo di aprire un po’ di più quella finestra, una finestra che dava sulle sue giovani coetanee. Per farlo abbiamo lavorato a lungo sul mondo della comunicazione sociale. È qualcosa di rapido, sottile, in continuo divenire: una magica trasmissione che il più delle volte sfuggiva a Stefano: “Non riesco a capire perché questo messaggio può dare fastidio ad una ragazza; voi come fate a capirlo? Senz’altro è telepatia, leggete nel pensiero!”. E poi ti riservava quello sguardo di rinnovato stupore, e di perplessità. Sembrava una domanda in carne ed ossa: chi ha stabilito che queste cose non si dicono alle ragazze?

Era come se Stefano non potesse pienamente accedere a quel mondo che tutti quanti condividiamo, a quella fitta rete di rimandi, ammiccamenti, vibrazioni e correnti in cui tutti da sempre ci troviamo prima di qualsiasi riflessione: “Nulla mi apparteneva e io non appartenevo al mondo in cui mi ero ritrovata” scrive Luisa di Biagio, autrice straordinariamente attiva nel sociale nonché neurodiversa: “I legami sociali sono sempre stati per me un mistero, una lingua di geroglifici senza la Stele di Rosetta.” Il nostro intento non era soltanto quello di fornirgli, spiegandogli come funzionavano certe cose, la famosa Stele di Rosetta che gli permettesse di decifrare di volta in volta le complesse situazioni interpersonali; una pura conoscenza teorica, senza il sostegno dell’esperienza, si sarebbe sfaldata come una serie di remoti dettagli di un’antica lingua morta.”


 

 

2015 Edizioni Epokè, Novi Ligure

©2015 Edizioni Epokè, Novi Ligure

 

Mi è stata data la possibilità di essere tra gli autori di questa piccola grande opera, che racconta con forza e grazia la meraviglia e la difficoltà di cinque legami con persone con disturbo dello spettro dell’autismo. Un’antologia che raccoglie, oltre al mio, altri quattro preziosissimi contributi: Salvatore Bandinu, Christian Castangia, Bruno Furcas e Valentina Usala, che da anni sono attivi pensatori nel campo del sociale, punti di riferimento per tematiche delicate e attuali. Spero che la passione con cui è stata realizzata questa raccolta, così come la bellezza e il dolore dell’essere-con-l’altro vengano colte anche da chi avrà il desiderio di leggerla.

Curatrice ed ideatrice del progetto: Valentina Usala.

Disponibile in formato cartaceo e in Ebook (Amazon Kindle);

Per acquistarlo in copia cartacea:

(s(Legàmi) – Saggi Epokè

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